Bookmark and Share

San Miguel Febres Cordero FSC

Religious brother - 1st male saint from Ecuador
Born on 7 November 1854 in Cuenca, Azuay.
Died of pneumonia on 9 February 1910 in Premià de Mar, Spain.
Born with infirmity of feet which meant he couldn't stand or walk; healed at age of five when he had a vision of Our Lady.
Professed member of La Salle Brothers. Wrote many scholarly books but teaching always remained his first priority.
Great devotion to the Sacred Heart of Jesus and the Virgin Mary.
Beatified with Mutien-Marie Wiaux FSC by St Paul VI on 30 October 1977 (miracle: Sr Clementina Flores Cordero instantaneously healed in 1935).
Canonized by Pope St John Paul II on 21 October 1984 (miracle: on day of beatification Beatrice Gómez de Núñez entrusted herself to the Blessed & was healed of her incurable disease).
His body was exhumed during the Spanish Civil War & found to be incorrupt. His corpse, eventually reduced to skeletal remains, was eventually retrieved and transferred in 1937 to Quito where his tomb in the Santuario Hermano Miguel has become a place of pilgrimage.
Feast day - 9th February

Pope St John Paul II's homily at Holy Mass with the canonization of Miguel Febres Cordero
St Peter's Basilica, Sunday 21st October 1984 - Papa Juan Pablo II gave his homily in Italian & Spanish:

"1. «Prima ancora di formarti nel grembo materno, io ti conoscevo».

Queste parole del divin Creatore al profeta Geremia, che la liturgia odierna ci invita a meditare, sono pienamente valide anche per ognuno di noi, che in questa giornata missionaria siamo qui riuniti per la solenne cerimonia di canonizzazione di un figlio dell'Ecuador, fratel Miguel Febres Cordero.

Dio conosce ciascuno di noi come nessun altro potrebbe. Egli ci conosce meglio anche di chi ci ha generato.

Ci conosceva prima ancora che noi esistessimo, prima ancora che fossimo concepiti. Dio ci conosce ancor meglio di quanto noi stessi ci conosciamo.

E conoscendoci così intimamente e così profondamente, Dio ci previene con le sue grazie, per consentirci di far valere i doni che la sua bontà ci ha fatti e continua a farci.

I doni di Dio sono infinitamente diversi. Tocca a noi riconoscere i doni che Dio ci fa e metterli in opera per rispondere alla vocazione alla santità che si rivolge a tutti e a ciascuno.

2. Non è raro che il dono di Dio assuma la forma di una chiamata a servirlo in uno o in un altro aspetto della vita consacrata. Questa chiamata è stata rivolta ad alcuni di voi, cari fratelli e sorelle, e Dio vi ha aggiunto la grazia per ascoltarlo e dargli una risposta.

La stessa chiamata si rivolge ancora oggi a tanti altri che forse esitano o tardano a rispondervi. Lo stesso profeta, come si vede nel brano appena letto, cercò di eluderla, adducendo come motivo la sua giovinezza e la sua incapacità: «Io non so parlare, sono appena un ragazzo». Avere un giusto sentimento della propria povertà e importanza è certamente molto lodevole, purché essa non arrivi a misconoscere il dono di Dio e l'onnipotenza della grazia.

Se è Dio che chiama, sarà lui a non far mai mancare la sua grazia a chi ascolta la sua voce con cuore docile.

Il nostro nuovo Santo, fin dai suoi primi anni, fu prevenuto da una grazia particolare che lo attirò, quasi irresistibilmente, a condividere la vita dei suoi insegnanti religiosi, i Fratelli delle Scuole Cristiane, che pochi anni prima erano giunti in Ecuador.

Più di uno tra i membri della sua famiglia credette doveroso di opporsi a questo progetto. Il giovane Francesco dovette subire più di un rifiuto, poi, per diversi anni, fu costretto a sopportare un atteggiamento di estrema freddezza da parte di suo padre, che pure era un sincero cristiano.

Ma il giovane non dubitò neanche un istante della chiamata divina. «Vi assicuro alla presenza di Dio e senza alcun rispetto umano – scriveva –, che io mi credo chiamato nell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane e che in nessun altro stato io mi sentirò al mio vero posto come lì. Vogliate comunicare questi sentimenti a mio padre. Se egli desidera davvero la mia felicità, cioè la mia felicità eterna, mi lasci seguire la strada che il buon Dio mi ha tracciato».

3. Fedele fin da principio alla chiamata di Dio, san Miguel Febres Cordero lo sarà senza la minima esitazione durante i quarant'anni della sua vita religiosa e apostolica; e Dio, come aveva promesso al profeta, «mise le sue parole sulla sua bocca» aprendogli la strada del cuore di chi lo avvicinava.

I suoi confratelli ed ex-alunni – tra i quali vari Sacerdoti e alcuni Vescovi – hanno fatto a gara per testimoniare quanto quest'uomo umile e dolce si rivelò capace di commuoverli e di trascinarli al bene.

Egli parlava dei principali misteri della nostra religione con l'accento di un cristiano profondamente convinto.

I più anziani, giunti al termine della loro vita, rievocavano commossi l'insegnamento che fratel Miguel aveva dato loro decine di anni prima.

Egli non esitò mai a presentare un cristianesimo impegnativo ed esigente ai giovani che andavano a lui.

Come aveva già fatto San Paolo con i suoi cari Corinzi, egli «predicava Gesù Crocifisso».

Il Crocifisso presiedeva a tutta la sua esistenza e a tutte le sue occupazioni: in classe, al suo tavolo di scrittore, come anche in cappella e nei locali della Comunità, i suοi sguardi si affiggevano spesso all'immagine del Divino Crocifisso.

Ai ragazzi che, durante il loro ritiro spirituale, si preparavano alla confessione, egli faceva contemplare il Cristo in croce, mostrando loro le sue piaghe e sottolineando che esse erano state sofferte in espiazione dei peccati.

E questi giovani, dall'animo profondamente sensibile, non resistevano mai all'unzione delle sue parole. Diversi testimoni assicurano che molti giovani erano commossi fino alle lagrime e lasciavano la scuola senza dir parola, visibilmente addolorati al ricordo delle sofferenze del Salvatore.

4. El nuevo Santo Miguel Febres Cordero participó de manera heroica en los sufrimientos de Cristo crucificado. Entre las varias cruces que hubo de llevar durante su vida, no fue la menor una malformación de los pies, que le producía considerables dolores al caminar. Pero él, de la debilidad sacaba fuerza; del dolor, motivo de alegría, haciendo vida propia «el lenguaje de la cruz» (1 Cor 1, 18). Escándalo y locura para quienes rehúsan aceptar a Cristo crucificado como Salvador y Señor.

La aceptación gozosa de su cruz era para todos motivo de edificación y de cristiano ejemplo. Primero en su Ecuador natal y luego en Europa –particularmente en Premió de Mar, donde transcurrió los últimos meses de su vida– su alegría en el sufrimiento despertaba en su Comunidad, entre los alumnos y entre cuantos le trataban, un profundo respeto y admiración. Prueba clara de que había asimilado profundamente la enseñanza paulina: «La debilidad de Dios es más fuerte que los hombres» (1 Cor 1, 25).

Al mismo tiempo acogía a todos con gran sencillez y cordialidad. Siguiendo el ejemplo de Cristo, el Hermano Miguel se prodigaba visitando a los pobres y necesitados, aconsejando a los jóvenes, enseñando a los niños, dándose a todos. De la cruz de Cristo –expresión máxima de amor al hombre– sacaba él la fuerza e inspiración para darse sin reserva a los demás, aun a costa de si mismo.

5. Precisamente un 19 de Febrero de 1888 –hace ahora casi un siglo– el nuevo Santo estaba presente en esta misma Basílica de San Pedro participando en la ceremonia de Beatificación del Venerable Juan Bautista de la Salle, fundador de las Escuelas Cristianas.

Este Instituto religioso del que él era miembro desde hacia veinte años, había hecho lema de su acción apostólica y educativa las palabras del Evangelio que hace poco hemos escuchado: «Quien recibe a uno de estos niños en mi nombre, a mí me recibe» (Mc 9, 37).

Estas palabras fueron para el Hermano Miguel una norma de vida, un apremio constante en su vocación de educador. Todos sus esfuerzos tuvieron como punto de mira la educación integral de las nuevas generaciones, movido por la convicción de que el tiempo dedicado a la formación religiosa y cultural de la juventud es de gran trascendencia para la vida de la Iglesia y de la sociedad.

¡Con cuánto amor y dedicación este «apóstol de la escuela» se entregó a los miles de niños y jóvenes que pasaron por sus aulas durante los largos años de su vida como educador !

Tanto en el colegio de «El Cebollar» de Quito, como en la pequeña escuela donde él enseñó al comienzo de su apostolado, tomó sobre sí la grata tarea de preparar a los niños –los « nuevos tabernáculos vivientes» como él los llamaba– para la primera comunión.

Fiel seguidor de Jesús, había hecho parte de su vida la enseñanza del Maestro, «El que quiera ser primero, deberá ser el último de todos y el servidor de todos» (Mc 9, 35). Por ello, en espíritu de servicio y amor al prójimo, dedicó largos años de trabajo y esfuerzo a la publicación de obras de carácter didáctico, para cuya labor –ya en el ocaso de su vida– fue llamado a Europa, teniendo que dejar su querido país.

6. Como hombre de cultura su reputación fue en aumento, llegando a ser elegido miembro de número de la Academia Ecuatoriana de la Lengua. Pero ni este honor, ni su conocido prestigio como gramático, llegaron a empañar la humildad y sencillez con que a todos trataba. Porque estaba convencido de que «Dios ha escogido la necedad del mundo para confundir a los sabios» (1 Cor 1, 27).

Sin embargo, su labor de estudioso estuvo siempre en función de la actividad pedagógica directa. Y con verdadero espíritu evangélico buscó siempre que su dedicación preferente fuera la de enseñar a los niños más pobres económica, cultural y espiritualmente, viendo en ellos la persona y el rostro de Cristo.

Bien podemos decir, por ello, que el itinerario ejemplar de su vida como maestro es un válido modelo para los educadores cristianos de hoy, a la vez que un estimulo para valorar la grande importancia del apostolado e ideales de la enseñanza católica que tiene por objetivo ofrecer a las nuevas generaciones una sólida cultura impregnada de la luz del Evangelio.

El Hermano Miguel –alma escogida que no regateó esfuerzo en su entrega a Dios y a los hermanos– dejó un recuerdo imperecedero entre quienes le conocieron. Veintisiete años después de pasar de este mundo al Padre, sus restos mortales eran recibidos con gran emoción y júbilo en su Ecuador natal. Allí se mantienen siempre vivos la admiración y el afecto hacia este hijo de la Iglesia, gloria también de su Patria.

Hoy, día de la Jornada Misional, su glorificación es motivo de nuevo júbilo para la Iglesia universal. Esta, como la Iglesia en Ecuador, mira a San Miguel Febres Cordero, apóstol de la escuela, que fue asimismo un ejemplar misionero, un evangelizador de América Latina, como he recordado hace unos días, al inaugurar la novena preparatoria del V Centenario de la evangelización de América (Discurso al CELAM, Santo Domingo, 12 octubre 1984).

Por ello, con gozo presento mi saludo cordial ala Delegación oficial venida del Ecuador, a todos los Hermanos de las Escuelas Cristianas y, en particular, a los ecuatorianos venidos para asistir a esta solemne ceremonia.

Pido al Altísimo, por mediación de San Miguel Febres Cordero, que derrame la abundancia de sus dones sobre todos los queridos hijos de la nación ecuatoriana, que con la ayuda de Dios espero visitar próximamente. Y que conceda a todos sus Hermanos en religión un nuevo impulso, alegría y entusiasmo, para continuar fielmente las huellas que, siguiendo las de Cristo, ha trazado admirablemente este buen hijo de San Juan Bautista de la Salle y de la Iglesia. Así sea."

Pope Saint Paul VI's homily at Holy Mass with the beatification of Miguel Febres Cordero and Mutien-Marie Wiaux
Sunday 30th October 1977 - Pope Paul VI gave his homily in French, Italian & Spanish:

"Venerati fratelli, carissimi figli e figlie, qui convenuti per questa solenne celebrazione!

L’atto che abbiamo testé compiuto, riempie il Nostro cuore di purissima gioia. Noi abbiamo proclamato beati due religiosi, i fratelli delle Scuole Cristiane Mutien-Marie Wiaux e Miguel Febres Cordero, abbiamo cioè ufficialmente autorizzato il loro culto, additandone l’esempio all’ammirazione e all’imitazione di tutti i credenti. Due nuovi astri si sono accesi nel firmamento della Chiesa. Come non esultare contemplando questi nostri fratelli, che hanno già raggiunto la mèta, alla quale ognuno di noi sospira di poter un giorno arrivare? Come non gioire sapendo di poter contare sulla potente intercessione di chi ha condiviso le nostre medesime tribolazioni ed è quindi in grado di comprendere la grandezza e la miseria della nostra condizione umana?

Essi stanno dinanzi ai nostri occhi nello splendore dell’unica gloria, che non teme l’usura del tempo: la gloria della santità. Di continenti diversi, con caratteristiche umane decisamente distanti, essi sono accomunati da affinità interiori profonde, che rivelano la identica matrice spirituale Lasalliana, che ha ispirato e guidato la loro maturazione cristiana. Per apprezzare il merito dei due nuovi Beati occorre perciò rievocare il merito della Famiglia Religiosa, alla quale essi appartennero, e cioè il celebre e benemerito Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che San Giovanni Battista de La Salle fondò a Reims (a. 1680), dando alla Chiesa una delle istituzioni più congeniali alla missione educatrice che le è propria: una scuola per la scuola. Lo scopo per il quale il Fondatore concepì la nuova società religiosa era infatti quello di preparare elementi specializzati nei compiti educativi, capaci di dedicarsi con frutto alla formazione umana e cristiana della gioventù, specialmente della gioventù povera, dei figli del popolo.

Le caratteristiche dell’Istituto discendono da tale finalità: si tratta di una società religiosa, che raccoglie persone impegnate nella pratica dei consigli evangelici in una forma di vita povera e austera, condotta in comune e testimoniata all’esterno anche mediante la forma dell’abito, persone aventi come missione precipua l’insegnamento scolastico, quello elementare e quello che oggi chiameremmo «secondario», basato su criteri didattici perfezionati, e svolto con la coscienza dell’apostolo, il quale sa di avere nei confronti degli alunni la responsabilità di annunziare il Vangelo con la parola e con l’esempio, al fine di conquistare a Cristo il loro cuore.

Questo è infatti lo scopo primario, al quale mira ogni scuola cattolica: far conoscere ed amare Gesù Cristo. E questa è la ragione per cui, soprattutto, la scuola cattolica merita la considerazione e la stima di ogni cristiano. È quindi giusto e doveroso sostenere queste nostre scuole, che aprono i ragazzi alla vita, assicurano la loro formazione umana e spirituale e costruiscono così contemporaneamente la città terrena e la Chiesa.

Quanto all’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, la storia ci informa che, nonostante i contrasti a cui dovette sottostare, esso ebbe pronta e vasta diffusione: era già presente in quindici diocesi francesi con 22 comunità, mentre ancora viveva il Fondatore. Oggi esso svolge la sua opera in 78 Paesi, sparsi nei cinque Continenti.

I due Beati, che noi oggi contempliamo nella gloria del Regno di Dio, sono una testimonianza eloquente della vitalità dell’annosa pianta, sulla quale sono sbocciati.

Al Superiore Generale, ai suoi Collaboratori, ai numerosi Membri di questo Istituto così benemerito rivolgiamo il nostro sincero compiacimento e benedicente saluto.

Parimente, con particolare cordialità e deferenza, salutiamo le Delegazioni governative che tanto degnamente rappresentano a questa cerimonia i due Paesi di origine dei nuovi Beati; e insieme con esse intendiamo salutare i Pastori che hanno voluto intervenire.

La vida del Hermano Miguel, el endeble niño Francisco nacido en los repliegues andinos de Cuenca, discurre en un ambiente desahogado, de tradición católica y de relevantes servicios a su Patria.

La infancia del nuevo Beato se ve entristecida por un grave defecto físico: el niño nace con los pies deformes. Un motivo de honda congoja para la familia, que pronto se ve consolada con la experiencia de las dotes de inteligencia y bondad del nuevo vástago, crecido bajo la protección especial de la Virgen María. El mismo considerará un signo providencial haber nacido en el mismo año de la proclamación del Dogma de la Inmaculada Concepción.

Su amor mariano, que se hace confianza segura, crecerá sin cesar. Por ello, cuando no puede visitar los santuarios de Loreto o Lourdes, donde quería pedir a la celestial Señora su curación, exclamará con alegre serenidad: «En el cielo la veré».

Realizado su ideal de entregarse, tras no pocas oposiciones, a Cristo y a la Iglesia en la Congregación de los Hermanos de La Salle, el Hermano Miguel da prueba de un espíritu exquisitamente religioso, de una capacidad admirable de trabajo, de una entrega sacrificada de sí mismo en servicio de los demás. Y en él resalta sobre todo, como no podía faltar en un hijo de la familia lasalliana, el amor y entrega entrañables a la juventud y a su recta formación humana y moral.

En ese campo nuestro Beato alcanza metas tales que lo hacen un verdadero modelo, cuyos logros constituyen un auténtico timbre de gloria para la Iglesia, para su familia religiosa, para su Patria, que lo nombrará académico de número de la «Academia Ecuatoriana, Correspondiente de la Española».

Si nos preguntamos por el motivo radical de tal fecundidad humana y religiosa, de aquel acierto y eficiencia en su tarea ejemplar de catequista, lo encontramos en lo íntimo de su rico espíritu, que lo llevó a hacerse sabiduría vestida de amor, ciencia que ve al ser humano a la luz de Cristo, imagen divina que se proyecta -con sus deberes y derechos sagrados- hacia horizontes eternos. Ese es el gran secreto, la clave del éxito obtenido por el Hermano Miguel, realización sublime de un gran ideal y por ello figura señera para nuestro tiempo.

En efecto, cuando pocos días antes de morir en tierras de España dirá: «Otros trabajarán mejor que yo», deja un legado a la Iglesia, sobre todo al mundo religioso y a sus hermanos en religión: continuar una tarea estelar de formación de la juventud, haciendo que la escuela católica, medio siempre reformable pero válido y eficaz, sea un centro permanente de forja de juventudes recias y generosas, imbuidas de ideales elevados, capaces de contribuir al bien general, conscientes del deber de hacer respetar los derechos de todas las personas -ante todo de las más desposeídas- haciéndolas cada vez más humanas y abriéndolas a la esperanza traída por Cristo.

Un reto estupendo y exigente, que hay que recoger con valentía y espíritu de iniciativa. Es el gran mensaje, que el Hermano Miguel nos confía para que lo completemos hoy.

Le second bienheureux que nous vénérons a passé toute sa vie en Belgique. Ce n’est pas une formule stéréotypée de dire du Frère Mutien-Marie qu’il a vu le jour dans une famille d’humble condition mais profondément chrétienne. C’était en mil huit cent quarante et un, à Mellet. Dans l’amour attentif de ses parents, dans leur exemple, dans la prière et le chapelet récités chaque jour en famille, le jeune Louis Wiaux trouva tout ensemble une jeunesse heureuse, une foi solide et le désir de se donner à Dieu.

Des l’âge de quinze ans, il répondit, à la lettre, à l’appel du Seigneur, quitta tout pour le suivre, renonçant même à son nom pour prendre celui d’un martyr très peu connu: geste symbolique de soixante années d’une vie religieuse effacée aux yeux des hommes, mais grande aux yeux de Dieu et exemple maintenant pour l’Eglise entière.

Cet exemple sera-t-il compris et suivi? N’est-il pas trop opposé aux orientations du monde actuel? Bien loin de chercher d’abord sa propre autonomie et son épanouissement personnel, le Frère Mutien-Marie s’est donné totalement, du jour où il est entré dans l’Institut des Frères des Ecoles Chrétiennes, à plus grand que lui, à Dieu d’abord; et à l’œuvre de l’éducation chrétienne de la jeunesse. Et pourtant, dans cette vie sacrifiée en apparence, quelle autonomie intérieure profonde, quel épanouissement spirituel n’a-t-il pas trouvé, aux yeux du cœur qui voient la sagesse? Obéissance, humilité, dévouement et sacrifice furent les maîtres-mots de sa vie. Par là, dans le grand collège Saint-Berthuin de Malonne, sa vocation de pédagogue prit des formes imprévues, polyvalentes, déterminées essentiellement par le souci de servir là où il y avait à servir! Qui dira assez la volonté et la maîtrise de soi que suppose une telle existence? Quelle richesse humaine et spirituelle, sous des dehors si simples! Il n’a pas eu le charisme de réaliser des œuvres scolaires aussi brillantes que celles de Frère Miguel, mais il est devenu le «maître» de beaucoup de jeunes, en leur dévoilant comment l’amour désintéressé peut inspirer toute une existence. Oui, durant plus d’un demi-siècle, en communauté, dans la vie scolaire et dans la vie religieuse, le Frère Mutien-Marie fut un exemple pour tous ceux qui passèrent dans son école, élèves, professeurs et parents. Exemple, il le demeure aujourd’hui, surtout pour ceux qui, répondant à l’appel du Seigneur, ne font pas de l’enseignement une profession seulement, mais une vraie vocation religieuse!

Comment ne pas exalter ici de nouveau la grandeur et la signification particulières de l’école chrétienne? Comment aussi ne pas mettre en lumière aujourd’hui la grandeur de la vocation des Frères et des Sœurs qui se consacrent à Dieu dans l’éducation chrétienne de la jeunesse, et particulièrement celle de cet Institut des Frères des Ecoles Chrétiennes, dans lequel nos deux bienheureux ont trouvé le chemin de la perfection? Le service ardent de l’Evangile mérite aux Fils de saint Jean Baptiste de La Salle l’honneur que l’Eglise leur rend, de façon éclatante en ce jour, silencieuse le plus souvent, mais toujours avec fidélité et confiance. Prions le Saint Fondateur, prions les bienheureux Miguel et Mutien-Marie, de soutenir l’engagement religieux de tous leurs Frères, d’obtenir lumière et force aux enseignants chrétiens dans leur patient travail d’éducation, d’intercéder pour les chères populations d’Equateur et de Belgique, de procurer à toute l’Eglise, à la veille de la fête de la Toussaint, un nouvel élan de sainteté!

Sì, fratelli, la nostra invocazione sale fiduciosa ai nuovi Beati dopo la conclusione del Sinodo dedicato alla catechesi, e in particolare alla catechesi ai giovani. Essi, che spesero la loro vita nel formare intere generazioni di giovani alla conoscenza e all’amore di Cristo e del suo Vangelo, ci siano accanto per indicarci la strada e per sorreggerci nell’impegno di una catechesi convincente ed incisiva.

Essi ci insegnino la grande lezione dell’amore per i giovani e della fiducia in loro; un amore e una fiducia, che si esprimano nel non attenuare dinanzi ai loro occhi il radicalismo degli ideali evangelici, ma nel proporre coraggiosamente alla freschezza ancora intatta del loro entusiasmo la Parola di Cristo senza adattamenti di comodo. La testimonianza di quel che questa Parola ha saputo operare in fratel Miguel e in fratel Mutien e, per loro mezzo, in tante generazioni di giovani, è la prova inoppugnabile della forza vittoriosa del Vangelo.

Cristo, che ha vinto in loro, vinca anche le nostre resistenze umane e faccia di ciascuno di noi un testimone credibile del suo amore."

Biography by the Vatican
- also in Italian

En 1863 los Hermanos de las Escuelas Cristianas abren una escuela en Cuenca (Ecuador). Entre los primeros alumnos figura Francisco Febres Cordero, nacido el 7 de noviembre de 1854. La educación cristiana comenzada en la familia recibe en la escuela nuevo impulso y desarrollo, gracias sobre todo a la lección de catecismo y al ejemplo de los educadores, y así vemos cómo la estrella de la vocación lasaliana no tarda en despuntar en el espíritu abierto del joven ecuatoriano. La oposición que encuentra por parte de sus padres, que quisieran encaminarlo hacia el sacerdocio, no le desalienta. Francisco, que desde sus más tiernos años acostumbra confiar a la Virgen todas sus cuitas, encuentra en Ella la fuerza para seguir adelante en su propósito. Finalmente, el 24 de marzo de 1868, obtiene de su madre la autorización para ingresar en el noviciado de los Hermanos: es la víspera de la fiesta de la Anunciación. Al revestir el hábito lasaliano, Francisco recibe el nombre de Hermano Miguel.

Con ello no cesa sin embargo la lucha por la fidelidad a su vocación. El padre de Francisco, aun habiendo aceptado la decisión de su esposa, no escribe a su hijo una sola línea en cinco años. Entre tanto, el Hermano Miguel inicia su apostolado en las escuelas lasalianas de Quito. El joven profesor sobresale en la enseñanza de la lengua y literatura españolas y, ante la carencia de manuales y libros de texto apropiados, se decide a componerlos él mismo. El gobierno ecuatoriano no tardará en adoptarlos para todas las escuelas del país. Con el correr de los años el Hermano Miguel dará a la imprenta otras obras, sobre todo del campo de la lírica y de la filología, las cuales le abrirán las puertas de la Academia Nacional. Compondrá también catecismos para la infancia, siendo la catequesis el campo preferido de su actividad apostólica. De modo especial, reclamará y obtendrá siempre para sí el privilegio de preparar a los niños a la Primera Comunión, dedicándose a esta delicada labor hasta 1907, fecha de su viaje a Europa. Este asiduo contacto con los niños contribuirá a forjar una de las características más notables de su espiritualidad: la sencillez evangélica: «Sed sencillos como palomas». «Si no os hacéis como parvulitos no entraréis en el reino de los cielos». De esa sencillez será expresión su tierna devoción al Niño Jesús. Con la sencillez evangélica brillan también en él las virtudes propias de la vida religiosa: la pobreza, la pureza, la obediencia. Sobre todas ellas resplandece la caridad, que se nutre en la piedad eucarística y en la devoción a la Virgen. Una evidencia se impone pronto a sus contemporáneos: «El Hermano Miguel es un santo».

Su santidad irradiará también en el viejo continente. En 1904, como consecuencia, en Francia, de las leyes hostiles a las congregaciones religiosas, muchos Hermanos de La Salle, no pudiendo ejercer su apostolado en su propio país, deciden expatriarse. Numerosos son los que optan por España y los países de América latina. La necesidad de procurar a esos valerosos lasalianos el conocimiento indispensable de la lengua castellana, mueve a los Superiores a trasladar al Hermano Miguel a Europa para que pueda dedicarse a la composición de textos apropiados para un estudio acelerado de dicho idioma. Tras unos meses de estancia en París, el Hermano Miguel se traslada a la Casa Generalicia de los Hermanos en Lembecq-lez-Hal (Bélgica).

Enteramente dedicado a su nueva tarea, su virtud no deja de irradiarse en su nuevo ambiente. Pero el clima belga, tan diferente del de su propio país, no le favorece, y los Superiores juzgan conveniente trasladarlo a España, asignándole como residencia el Centro internacional lasaliano de Premiá de Mar, en la provincia de Barcelona. Los jóvenes formandos admiran la cultura y la sencillez del Hermano Miguel no menos que su gran amor de Dios.

En el mes de julio de 1909 ráfagas de viento revolucionario llegan hasta Premiá de Mar y poco después sobreviene la "Semana Trágica". Ante la frecuencia de actos de violencia anticlerical, los Superiores se ven precisados a trasladar a Barcelona a formandos y formadores hallándoles un refugio en el embarcadero del puerto y luego en el colegio N.S. de la "Bonanova". En esos momentos trágicos el Hermano Miguel se hace custodio de las formas consagradas de la capilla de Premiá.

Pasada la borrasca revolucionaria los Hermanos regresan a Premiá de Mar. Mas ahora es el Señor quien llama a Sí a su fiel siervo. A finales de enero de 1910 contrae una pulmonía que su débil organismo no llega a superar. Tras una agonía de tres días y confortado con los santos sacramentos, el Hermano Miguel entrega su alma a Dios el 9 de febrero de 1910. La noticia de su muerte es acogida con emoción y llanto. La República del Ecuador proclama un duelo nacional.

Hermanos y exalumnos del Hermano Miguel rivalizan en admiración y encomio por sus virtudes. Los favores atribuidos a su intercesión no tardan en multiplicarse. En 1923 se inicia en Quito y en Cuenca el proceso informativo en vistas a la beatificación. Sigue en 1924 el de Barcelona. En 1936, durante la revolución española, se lleva a cabo el traslado al suelo patrio de los restos mortales del siervo de Dios, que reciben una acogida triunfal. La tumba del Hermano Miguel se convierte en centro de continuas peregrinaciones.

Siguen obteniéndose gracias y favores celestiales por la intercesión del Hermano Miguel; pero el milagro que ha obrado la curación de Sor Clementina Flores Cordero pone en buen camino la causa del santo Hermano hacia la Beatificación.

Llevados a término todos los requisitos acostumbrados, el Papa Pablo VI, el 30 de octubre de 1977 procede a la Beatificación del Hermano Miguel y a la del Hermano belga, Hermano Mutien-Marie. La grande asistencia de peregrinos venidos de Bélgica, del Ecuador y de Italia, la acertada ceremonia y las palabras inspiradas de Pablo VI en la homilía y en el Angelus, han hecho inolvidable ese día para todos los afortunados participantes en la solemne celebración de la Piazza San Pietro.

El mismo día de la Beatificación, precisamente durante el desarrollo del sugestivo rito, se realizaba otro milagro: la Señora Beatriz Gómez de Núñez, afectada de incurable "miastenia gravis", se sintió completamente curada. Ya antes, con toda la familia, se había confiado a la intercesión del santo Hermano, y, como coronamiento de sus oraciones, había querido venir a Roma para la Beatificación.

Esta curación, reconocida como milagrosa, conlleva la reapertura de la causa, y, en el Consistorio del 25 de junio de 1984, el Pontífice Juan Pablo II fija para el 21 de octubre del mismo año la fecha de la Canonización.

Hoy, el Papa Juan Pablo II, poniendo entre los Santos a este religioso ecuatoriano, ofrece a la Iglesia entera y particularmente a la del Ecuador el modelo de un religioso culto, pero sencillo y humilde, de un catequista totalmente entregado a la obra de la evangelización, de un educador que ha ayudado a tántos jóvenes y niños a encontrar el sentido de su vida en Jesús y a vivir su fe como don y compromiso.